
A commentare l’ultimo capitolo della lettera pastorale “Brindiamo?” sono Laura Gerlero e Mariella Fenoglio, membri della giunta del Consiglio Pastorale Diocesano.
Si conclude con questo numero la serie di interviste dedicate alla lettera pastorale “Brindiamo?” Abbiamo chiesto di commentare l’ultimo capitolo “Un sogno. Una rete di complici” a Laura Gerlero e Mariella Fenoglio, membri della giunta del Consiglio Pastorale Diocesano.
Il vescovo dice di sognare una rete di complici. In che modo, in questo anno pastorale, sono state tessute le maglie della rete?
Laura.
Mi piace innanzitutto ricordare come il vescovo Derio, parlando di spiritualità, ne sottolinei il carattere strettamente legato alla vita, definendola come «il nostro modo di stare al mondo, di sentire, di pensare, di camminare», giungendo a sognare una rete di complici, poiché «tutti possiamo fare qualcosa per migliorare la cura della spiritualità». Ci sono quindi, due dimensioni per tessere le maglie di questa rete, una più personale, fatta di azioni suggerite nella parte conclusiva della lettera, ed una più comunitaria, che cerca di promuovere ed affinare una sensibilità comune di fronte a tematiche che attraversano la nostra vita. Penso da una parte a cammini più strutturati e consolidati come gli incontri di “Fede con arte” o la “Scuola di Teologia” che ha affrontato quest’anno la spiritualità incarnata nel tema della sofferenza e del dolore, o ancora agli incontri di preghiera della Pastorale giovanile per gli over 14 “Ritrovarsi in silenzio”. D’altra parte mi riferisco a iniziative quali il “Festival della fraternità” promosso dal Centro missionario, espressione di gruppi con sensibilità diverse, o ancora la camminata a Prarostino proposta dalla Comunità Laudato si’, iniziativa interreligiosa sul tema della “casa comune”, o la Maratona di preghiera per la fraternità e la pace, proposta dalle aggregazioni laicali. Si tratta solo di esempi, che devono avere lo scopo di creare processi, perché sono quelli a trasformare il nostro modo di stare al mondo.
Il sinodo in corso, per certi versi, è chiesa che si mette in rete e in ascolto. Quale è stato il lavoro del consiglio pastorale in questo senso? Chi e come è stato coinvolto?
Mariella.
Il Sinodo in corso è un’esperienza significativa che in questo anno pastorale ha privilegiato la dimensione del dialogo, sia all’interno dei gruppi di lavoro formati dai delegati diocesani al Consiglio Pastorale, sia negli incontri zonali della nostra diocesi. Il valore dell’ascolto – la qualità dello stesso – è una sfida per il nuovo cammino della Chiesa. Imparare ad ascoltare più fonti, anche con fatica, è la linea del processo sinodale finalizzato alla comprensione delle varie esigenze e necessità.
Tema di fondo della lettera pastorale è la spiritualità. Quanto e quale cammino è stato fatto dalle parrocchie, in questa direzione?
Laura.
Sicuramente la pandemia ha reso più faticoso riprendere alcuni cammini iniziati o intraprenderne di nuovi. Ci stiamo riabituando a poco a poco a frequentare luoghi e persone. Costruire e ricostruire richiede tempo e fatica. Dalle risposte che abbiamo ricevuto sul cammino sinodale, abbiamo l’impressione che la situazione sia un po’ a macchia di leopardo: in alcune parrocchie sono ripresi cammini di lettura e meditazione della Parola già esistenti prima della pandemia o incontri di Lectio divina, in altre sono piuttosto i Gruppi famiglia o di catechisti ad incontrarsi attorno alla Parola; inoltre la presenza di simboli come il quadro, la candela della famiglia, il piatto della Quaresima, opportunamente spiegati, possono diventare per le comunità parrocchiali e per le famiglie uno stimolo e un richiamo alla spiritualità incarnata nella nostra quotidianità. Credo comunque che ci sia ancora molto lavoro da fare, tenendo presente l’invito del vescovo a chiederci come le iniziative proposte nei vari ambiti della liturgia, della catechesi e della carità stimolano e sostengono la vita spirituale delle persone.
Monsignor Derio prende spesso le mosse dall’arte per la sua predicazione. In quale modo il Museo Diocesano di arte sacra, di cui sei direttrice, può mettersi a servizio dell’evangelizzazione?
Mariella.
Certamente il Museo Diocesano può essere strumento di evangelizzazione con attività diverse non esclusivamente volte a valorizzare il patrimonio artistico del territorio, e non solo. Il Museo può educare a guardare un’opera d’arte cristiana in modo nuovo per giungere ad una lettura emotiva e sensoriale che può divenire catechesi e testimonianza. La bellezza artistica, come scrisse Paolo VI, ha un’intrinseca capacità di rendere accessibile e comprensibile Dio all’uomo.

