Brindiamo con… Lucy e Francesco Pagani: In ascolto di Papa Francesco

Lucy e Francesco Pagani del Centro Missionario Diocesano colgono dalla lettera pastorale l’invito a “fermarci, convertirci, trasformarci e condividere per sperimentare la fraternità”.

 

Nella sua lettera pastorale il vescovo dedica un capitolo a Papa Francesco. In particolare ad alcuni temi forti che stanno caratterizzando il suo pontificato. Il primo è “fraternità”. In che modo oggi si può vivere questa dimensione dell’essere cristiani?

Siamo travolti dalla nostra volontà di potenza, dal mito individualista, dalla frenesia dello sviluppo, dalla massimizzazione dei profitti e della competizione assoluta. Non ci rendiamo conto che mettere al centro della nostra vita il vangelo, la fraternità universale, può portare una luce di speranza e di trasformazione della nostra esistenza. C’è un’urgenza di cambiamento: solo attraverso strade nuove possiamo ricevere il dono di una vita piena e incidere sulla società. Le grandi crisi di questo secolo – il crollo delle torri gemelle del 2001, il crack finanziario del 2008, la pandemia non ancora debellata ed ora la guerra nel cuore dell’Europa – devono smuovere la nostra indifferenza. Dobbiamo fermarci, convertirci, trasformarci e condividere per sperimentare la fraternità. Per essere fratelli e sorelle in relazione, non banali individui separati dagli altri e dal mondo.

 

Tra le citazioni, ne troviamo una dall’enciclica Fratelli tutti: «La mancanza di dialogo comporta che nessuno, nei singoli settori, si preoccupa del bene comune, bensì di ottenere i vantaggi che il potere procura o, nel migliore dei casi, di imporre il proprio modo di pensare». Nell’attuale contesto politico europeo e non solo queste parole suonano tristemente attuali. In che modo si può coltivare il dialogo?

Il dialogo è una disciplina difficile da imparare e che non può prescindere dall’ascolto. Lo sperimentiamo in famiglia, sul lavoro, nelle questioni politiche e ancor di più oggi in tanti luoghi di guerra. Abbiamo, nell’insegnamento di Papa Francesco, una guida sicura. In un discorso del 2020 rivolto alla Rivista Aggiornamenti Sociali, egli affronta il tema dello sviluppo del dialogo, partendo da azioni che ognuno di noi può compiere. Esorta a costruire una strada per camminare insieme e, quando non basta, a costruire ponti per venirsi incontro e tendersi la mano. In particolare invita ad integrare coloro che sono ai margini della società, sollecita l’incontro tra le generazioni, ed infine ci sprona a promuovere «occasioni di incontro e azione comune tra cristiani e credenti di altre religioni, ma anche con tutte le persone di buona volontà». Tre piste che possono essere messe in pratica tutti i giorni e che il Sinodo, che sta vivendo la fase dell’ascolto, ci aiuta a perseguire.

 

Altro tema forte è quello della gioia che oggi anche i cristiani faticano a vivere e testimoniare. Perché?

La società di oggi è concentrata sull’avere, sul fare, sul correre. Siamo stressati, abbiamo sempre più spesso bisogno di “staccare la spina”. Un modo di dire che ci avvicina agli oggetti, alle macchine, mentre noi non abbiamo bisogno di spegnerci, ma di realizzarci attraverso le relazioni, la cura gli uni degli altri. La pubblicità spinge ad acquisti compulsivi e finiamo con l’identificare la felicità con il possesso di cose. Per averle siamo disposti anche a sacrificare gli affetti. Le relazioni passano in secondo piano, se non ci procurano direttamente dei benefici sono una perdita di tempo. Ma più il cuore della persona è vuoto più siamo spinti a consumare, l’avidità ci rende individualisti ed autoreferenziali, incapaci di considerare il bene comune. Un nuovo rapporto con le cose e con le persone, con il creato e con il mondo intero possono farci diventare artefici della felicità e della gioia, nostra e dei nostri simili. Non c’è bisogno di essere eroi o santi, ma solo cittadini responsabili e solidali e cristiani autentici.

 

Il vescovo, richiamando Papa Francesco, ci invita a «mettere il creato nella nostra spiritualità». È possibile? Come?

Per i cristiani non solo è possibile, è un dovere. Papa Francesco ci ha detto recentemente che «non avere cura del clima è un peccato contro il dono di Dio che è il creato (…) e prendersi cura della casa comune è già evangelizzare». La nostra insensibilità si deve curare con una conversione all’ecologia integrale, che riguarda molti aspetti tutti connessi: la terra, la politica, l’economia, la povertà, la giustizia. È urgente adottare nuovi stili di vita, non visti come sacrificio, ma per essere più felici. Per vedere che «il mondo non è solo un problema da risolvere, ma un mistero gaudioso da amare e gustare» come ha scritto Padre Ermes Ronchi. Tra i sette punti del patto educativo globale promosso dal Pontefice viene sottolineata la necessità di custodire e coltivare la nostra casa comune, partendo dalla famiglia, prima agenzia educativa. Molto può fare la catechesi dei bambini, dei ragazzi, dei giovani, senza dimenticare gli adulti che spesso sono meno sensibili a causa di abitudini radicate.

 

L’ultimo invito è quello a non stare lontani dai poveri. A volte, invece, si ha l’impressione che le comunità deleghino a specifiche agenzie (Caritas, San Vincenzo…) o persone (missionari, operatori di strada, assistenti sociali…) questa vicinanza. Come si può cambiare questa cultura?

«La povertà non è una fatalità: è piuttosto una creazione di noi esseri umani, responsabili delle condizioni che la determinano. Pertanto non è ineluttabile ma modificabile». Sono le parole di Padre Gustavo Gutierrez, fondatore della Teologia della liberazione. E il Papa ricorda che non basta l’assistenzialismo, anche se necessario nelle emergenze, ma devono essere eliminate le cause strutturali della povertà, promuovendo lo sviluppo integrale dei poveri, combattendo l’economia che uccide. Questi temi sono il fulcro di un progetto mondiale con la partecipazione di migliaia di giovani, l’Economy of Francesco, iniziato nel 2019 e che prosegue tutt’ora.

Siamo tutti responsabili delle disuguaglianze e delle ingiustizie. L’intera società deve e può contribuire ad eliminarle con la sobrietà, le scelte responsabili negli acquisti – il famoso voto del portafoglio. Possiamo addirittura incidere sulla proliferazione delle armi e dei combustibili fossili, se non consentiamo che i nostri risparmi diventino investimenti distruttivi.