Elezioni 2022: l’ora della responsabilità

Qualche riflessione di fronte alle elezioni del 25 settembre, un appuntamento segnato da disaffezione e sfiducia diffuse davanti al quale i cittadini cristiani sono chiamati a reagire nella consapevolezza che il Risorto è presente e ci interpella come comunità a costruire il Suo Regno di fraternità, di giustizia e di pace.

Il 25 settembre siamo chiamati alle urne per eleggere i membri del Parlamento.
In democrazia il voto è il primo, fondamentale e formidabile strumento di partecipazione di cui
i cittadini dispongono ed il giorno delle elezioni è quello del normale ed indispensabile esercizio di questo diritto-dovere. Questa volta più di altre: perché veniamo da due anni di pandemia che hanno disarticolato ogni forma di manifestazione ed espressione sociale e perfino le coscienze; per l’aggressione della Russia all’Ucraina che perdura ormai da molti mesi e non accenna a placarsi, le cui conseguenze sul terreno ed a livello internazionale, anzi, si fanno ogni giorno più devastanti; per l’instabilità e la crisi economica che ne è conseguita e quella sociale che si annuncia incipiente e per un paio di altre ragioni ancora.

 

Si fa debole il rapporto tra elettori ed eletti

La riduzione del numero dei parlamentari non è pura aritmetica, al contrario comporta collegi più
ampi in cui il rapporto elettori/eletti aumenta (alla Camera in Piemonte si elegge un deputato
per oltre 300.000 elettori), si fa più debole e la relazione tra cittadino e politica certo non ne guadagna.

 

Partiti non all’altezza del compito

In questo contesto i partiti, spiace dirlo, ma è una unanime constatazione, non sono all’altezza del compito: autoreferenziali, impegnati a rincorrere la polemica del giorno ed a sfornare quotidianamente improbabili (e spesso irrealizzabili) ricette ai singoli problemi contingenti come se fossero cornetto e cappuccino, senza indicare le risorse necessarie ad attuarle. Eppure, le circostanze sopra richiamate segnano un passaggio decisivo per il nostro paese e, ben
inteso, per il contesto internazionale in cui la storia di 75 anni di Repubblica lo ha collocato, che
richiederebbe (anzi, richiede) ben altra levatura.

 

L’appello del card. Zuppi

Ha scritto in un appello il card. Matteo Zuppi, presidente dei vescovi italiani: «è l’ora di essere responsabili per affrontare ciò che non è rinviabile, di una visione più ampia per il Paese e alimentando il senso di comunità che i personalismi e le contrapposizioni esasperate hanno sfilacciato. Individuare priorità e fare sintesi; una sintesi che non può essere una somma algebrica delle singole istanze, ma piuttosto un guardare oltre i problemi presi uno per uno. Serve cioè una visione complessiva».

 

 

La posizione dell’Azione Cattolica

Come ha spiegato Giuseppe Notarstefano, presidente dell’Azione Cattolica, in una recente intervista al quotidiano Avvenire: «C’è un bene più grande in questo momento, che significa uscire
insieme dalla crisi, prendersi cura delle fasce più deboli della popolazione, cercare di lavorare per la
pace a livello internazionale, cambiare il modello di sviluppo (la transizione ecologica, tanto per intenderci). Suscitare la partecipazione per ritessere le fila del bene comune. Tutto ciò andrà fatto insieme e anche da parti diverse. Aiuteremo le persone ad affrontare questo passaggio con responsabilità, con senso critico e in maniera informata. Per una politica coniugata al futuro, non ripiegata sul passato, alimentando il senso di comunità».

Guardare ai contenuti

Un’altra indicazione è guardare ai contenuti dei vari programmi: lavoro, povertà, riforme, pace,
tutela del creato. Chi starà accanto ai cittadini? Quale visione della società per i prossimi decenni?
Ma, appunto, un passo alla volta: in queste settimane è fondamentale, decisivo, parlare con tutti,
con quante più persone conosciamo ed incontriamo e convincerle ad andare a votare, sconfiggere
l’astensionismo, il primo e principale partito d’Italia. Un partito che non partecipa, non sceglie,
lascia agli altri decidere, si chiama fuori. Ma dove guarda? Cosa desidera e cosa spera? Cosa è disposto a mettere di proprio come contributo al vivere comune? Un partito che non esiste, perché è solo la somma di milioni di atti di personale astensione.

 

Recarsi alle urne non è inutile

Convincersi e convincere di nuovo che recarsi alle urne non è inutile, maturare una convinzione,
certo opinabile, esprimere la propria scelta non è vano. Anzi. Non lasciamo che a decidere per noi
siano gli altri, perché quando mi misuro concretamente con le scelte di ogni giorno (dalla scuola alla sanità, dalla giustizia all’ordine interno ed all’amministrazione pubblica) trovare servizi
e persone competenti ed efficienti dipende dalle scelte di chi fa le leggi (anche quelle finanziarie) e
da chi governa a livello centrale (non è questo che rimproveriamo ai governanti, di non sapere come in pratica vanno le cose?), persone che anche noi possiamo in qualche misura contribuire ad eleggere con il nostro voto.

 

Il problema degli altri è uguale al mio

Le vere leve del comando sono altrove? Individuiamole, facciamoci sentire, cambiamo le regole.
Don Milani scriveva nella sua “Lettera a una professoressa”: «Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne insieme è la politica, sortirne da soli è l’avarizia».
Una campagna elettorale dovrebbe essere la celebrazione alta del confronto politico di idee e
programmi per governare e magari risolvere i problemi del Paese e dei suoi cittadini, perché tutti
insieme si possa sortirne fuori. Un tempo di responsabilità e discernimento.
Per i credenti, nella comune consapevolezza che il Risorto è presente e ci interpella come comunità a costruire il Suo Regno di fraternità, di giustizia e di pace.

PAOLO FRAIRIA

da Vita Diocesana Pinerolese dell’11 settembre 2022