Sono passati cinquanta anni dalla scomparsa di mons. Gaudenzio Binaschi, vescovo di Pinerolo dal 1930 al 1966. Lo ricordiamo con un breve profilo del compianto Aurelio Bernardi, pubblicato nel Quaderno celebrativo dei 250 anni di erezione della diocesi.

Bernardo Gaudenzio Binaschi nacque a Tornaco (NO) il 29 gennaio 1883. Compie i suoi studi nel Seminario novarese. Ordinato sacerdote il 1° maggio 1906 a Novara. Insegnante e poi rettore del Seminario all’isola di San Giulio, durante la guerra 1915-18 è cappellano militare addetto ad un treno ospedale.
Nominato Parroco di Varallo Pombia il 26 luglio 1919, è poi trasferito come Prevosto a San Vittore di Intra l’8 maggio 1923.
Preconizzato Vescovo di Pinerolo da Pio XI il 20 gennaio 1930, è consacrato nella Collegiata di San Vittore in Intra il 30 marzo 1930, e fa il suo ingresso in Diocesi l’11 maggio 1930.
Carattere mite ed austero, fermo nelle sue decisioni, dotato di un ascendente che traspare anche nel suo comportamento signorile, pienamente compreso della sua
dignità episcopale, guida clero e popolo con molta autorevolezza.
È nominato Assistente al Soglio Pontificio il 22 maggio 1955 e Cittadino onorario della Città di Pinerolo, con delibera del Consiglio Comunale in data 13 ottobre 1955, per le sue molteplici benemerenze verso la Città e la Diocesi nel durissimo periodo della seconda guerra mondiale (1939-1945).
Celebra in Diocesi il 50° di ordinazione sacerdotale ed il 25° di episcopato. Partecipa alla Prima sessione del Concilio Vaticano II, come Padre conciliare. Il 29 settembre 1966 presenta alla Santa Sede le sue dimissioni e il Vescovo Ausiliare, Mons. Santo Quadri, viene nominato Amministratore della Diocesi “sede plena”.
Muore nella residenza vescovile, dove era rimato 38 anni, il 23 maggio 1968, dopo 8 mesi di malattia, sopportata serenamente. È sepolto nella Cattedrale, nella tomba dei Vescovi da lui voluta.
Nella sua gioventù sentì, come molti altri preti, la necessità di un rinnovamento ecclesiale: liturgia più partecipata, maggior vicinanza al popolo, somma cura della predicazione, animazione del laicato.
Devotissimo al Card. Gamba di Torino, prima suo vescovo a Novara, seguì con una particolare attenzione gli scritti di Rosmini; restò in amicizia con don Angiolo Gambaro, divenuto docente di Pedagogia all’Università di Torino e legato al modernismo, pur non essendo mai stato in sintonia con quella corrente teologica. Subì il fascino del Padre Gemelli, quando questo progettava la «restaurazione in senso cristiano di tutta la società italiana». Di qui la sua particolare devozione a Cristo Re, al Sacro Cuore, l’impulso al culto eucaristico e l’amore indefettibile al Papa che promosse in tutta la sua azione pastorale e nel contempo il “patriottismo” che aveva manifestato sin dal suo servizio nell’esercito come cappellano e che conservò per tutta la vita, pur nelle alterne vicende politico-sociali che sconvolsero il nostro paese.
Egli corrispose pienamente ai criteri scelti da Pio XI per le nomine episcopali negli anni immediatamente precedenti e seguenti la Conciliazione (1929) che erano: 1) la scelta di sacerdoti di alta spiritualità, di comprovata cultura teologica e di doti di guida alla riscoperta della pietà popolare, quasi per un ricupero delle radici di una religiosità messa a dura prova dagli sconvolgimenti bellici e dal crescere della società di massa che si andava staccando dalla tradizione cristiana;
2) un rilancio dell’evangelizzazione e del laicato attraverso l’Azione Cattolica, vista come strumento esemplare d’apostolato nel mondo moderno e di qui la scelta di ecclesiastici con provato interesse ed esperienza per il laicato;
3) l’attenzione ai “meriti patriottici” nel senso di sacerdoti di attiva partecipazione
all’opera di assistenza e di conforto e capaci di interesse nuovi rapporti tra stato e
chiesa, per un reciproco sostegno tra le due autorità, tra doveri civili e doveri cristiani.
In tale senso il novarese fu una zona privilegiata di reclutamento episcopale e ponte tra la Chiesa Ambrosiana e le Chiese Piemontesi. Nei nuovi Vescovi spiccava la predilezione per l’azione pastorale ispirata a San Carlo Borromeo.
Intensa e costante la sua attività pastorale. Celebra il V Sinodo Diocesano il 17-19 settembre 1940. Indice le celebrazioni per il Bicentenario della Diocesi nel 1948-49. Presiede a 7 Congressi Eucaristici Diocesani e a 4 Congressi Mariani. Compie 10 visite pastorali a tutte le parrocchie della Diocesi e 8 visite “ad limina” alla Santa Sede.
Erige le nuove parrocchie di Appendini, Cuore Immacolato di Maria in Pinerolo, San Luigi in Baudenasca, San Giovanni in Luserna, San Rocco in Dubbione, Santa Maria in Pascaretto. Provvede alla costruzione della nuova Chiesa del Cuore Immacolato di Maria, alla grande Cappella del Seminario, alla chiesa di Appendini.
Ordina 122 sacerdoti. Durante il suo episcopato sono deceduti 118 sacerdoti e il pinerolese Albino Mensa è consacrato Vescovo.
Dà vita alla “Rivista Diocesana”, sulla quale pubblica le moltissime lettere pastorali […]. Organizza e diffonde in tutte le parrocchie l’Azione Cattolica, che già come parroco aveva intensamente promosso; ama le forme di religiosità popolare che cura e rinnova; presta molta cura alla liturgia come fonte primaria di spiritualità.
Durante il suo episcopato l’Azione Cattolica Diocesana costruì, sulla casa vicariale distrutta durante la guerra, la casa di formazione “Ca’ Nostra” in Riclaretto, il Seminario aprì le due case estive di Chambons e Laval, e don Giovanni Barra diede vita alla sua Casa Alpina a Soucheres Basses.
È molto attento a stabilire rapporti cordiali con le autorità civili, specie dopo il Concordato del 1929.
Predica in molte parrocchie della diocesi le Missioni al Popolo; vigila costantemente sul suo clero e sulla sua formazione e attività pastorale, richiedendo ad esso “studio, pietà, disciplina e generosità nel sacrificio”. Valorizza i vicari foranei, assegnando ad essi precisi compiti secondo quanto aveva appreso dall’esperienza dei vescovi novaresi che hanno avuto su di lui un forte ascendente; promuove l’assistenza spirituale agli operai nelle fabbriche attraverso l’Onarmo e i cappellani del lavoro; diffonde la “buona stampa” e stimola la formazione di biblioteche parrocchiali.
È sensibile ai problemi posti dalla presenza in Diocesi della chiesa valdese; valorizza e diffonde le settimane di preghiera per l’unità dei cristiani; manifesta preoccupazioni per i matrimoni misti; chiede al clero di approfondire, sul piano teologico e storico, il protestantesimo, affinché i “fedeli siano immuni dall’errore” e favoriscano, pur senza forme di proselitismo o di propaganda, la diffusione ed il rafforzamento della fede cattolica.
Il suo impegno durante la guerra, la Resistenza e la lotta di Liberazione fu notevole, anche se spesso silenzioso e sofferto: pastore di anime, mediatore efficace, operò per la pacificazione, per l’assistenza e la difesa delle popolazioni inermi.